#rectoverso #01 | Valle d’Aosta

Recto

Valtournanche. La valle del Cervino, quella che si spinge attraverso curve e curvoni alla ricerca del monte aguzzo di pietra che appare e scompare nelle curve e si staglia infine contro un cielo sempre più aperto a più di quattromilaquattrocentometri, sì, più di 4.400 metri di ascesa verso il cielo. E tutte queste montagne che lo circondano e che occupano lo spazio dell’orizzonte quando il Cervino scompare.

Più a valle, a Filey, piccola frazione di Antey-Sant’André, l’albergo si trova sulla strada provinciale, proprio di fronte al giornalaio.

Hall dell’albergo. Da una parte un salottino fatto di divanetti blu chiaro, crema e rosso che ingombrano tutto lo spazio disponibile, questi divanetti disposti a tre o quattro, a formare diversi salottini, uno dentro l’altro dentro il salotto più grande. Le tre signore sono raccolte insieme ancora stasera, a sedere sui divanetti rossi, quelli accanto al mio a strisce. Le loro parole sono leggere e allegre, anche allegre sì, non parlano solo del loro corpo, delle operazioni e delle malattie ma parlano anche di vestiti e della festa dei novant’anni che aspetta una di loro fra pochi mesi, la signora con i bastoni che dice di avere 45 anni per gamba, forse la più anziana di tutte e che vuole farsi fare un bel vestito per i suoi novanta. E queste parole mi rapiscono e portano lontano dalla lettura. Poi alle dieci si alzano tutte e tre e vanno via in punta di piedi, una dietro l’altra, in fila indiana. A chiudere la loro lenta processione, la signora con gli occhiali rossi e il viso dolcissimo che sporge in avanti, piccola tartarughina. Prenderanno l’ascensore e poi si chiuderanno ciascuna nella loro stanza.

Più al largo, nell’altra parte della hall, quella con i diversi tavoli di legno, laddove si gioca a carte soprattutto, un più grande raduno, questa volta misto di uomini e di donne e di età più diverse, intorno al tavolo rotondo. I racconti sono tragici, malattie incurabili e morti. È solo una donna anziana che parla e dirige tutto il gruppo che l’ascolta senza proferir parola. Nessuno la interrompe, nessuno si alza e la conversazione tragica si allunga nella notte, gettando sconforto. Dittatura.

Vista sul Cervino. Lo spiazzo che offre la migliore vista sul monte si apre poco più avanti dell’albergo, in una piazza asfaltata che sembra un parcheggio senza macchine. Il Cervino non si concede sempre alla vista, restio, la maggior parte del tempo è nascosto dietro alle nuvole.

Cortile d’entrata, passo incerto, i passi lenti di questi vecchi dalle pelli slavate. Gli sguardi sono intensi, di quelli che ti osservano in silenzio. Alcuni avanzano con il girello o lo tengono vicino. La signora della sera prima, quella delle tragedie, è ancora lei che parla stamattina e intorno a lei un groviglio di vecchietti e vecchiette gregarie la lasciano imperare nella sua parola sgraziata. Più lontano, sul prato, al tavolo sotto il gazebo la nonna di Varese con un ragazzino che fa i compiti di matematica, Daniele il nipote quattordicenne che l’accompagna e la sera giocano a dama. Daniele ha proprio l’età del figlio che ha perso da giovane.  Stamattina i vecchietti sono quasi tutti fuori, prendono l’aria. Si passa così la mattinata. Ma il Cervino non si vede neanche da questo cortile.

Verso

Nella sala da pranzo, che poi è anche la sala della cena, quella aerea, verde chiaro con la grande vetrata che dà sul monte Cervino, si consuma il rito quotidiano che struttura la giornata dei nostri signori in vacanza e soprattutto delle nostre signore. Sin dalla mattina si è svolta la correzione o la vera e propria rivolta al menu annunciato sul leggio all’entrata della sala della colazione, che è un’altra sala, con le tovaglie rosse questa e che dà sul cortile interno dell’hotel. La signora si avvicina al leggio e la lettura del menu avviene ad alta voce “Polenta alla carbonara, fontina e prosciutto, gelato al pistacchio e alla pesca, torta al pistacchio o frutta mista. Eh, no la carne no, la polenta la mangio senza carne. E pure il formaggio no, eh.” Eddy o Maurizio, i camerieri della sala, si precipitano verso la signora che corregge ad alta voce. “Non si preoccupi Signora, non c’è problema, gradisce qualcos’altro al posto della carne?”, il tono dei due interlocutori non è proprio lo stesso. No, la signora non vuole niente al posto di tutto ciò che non può mangiare. Ma quando la rivolta diventa prepotente, Irma Machet, la proprietaria dell’Hotel Filey di Antey-Sant’André esce dalla cucina e riesce a redimere con il suo piglio montanaro: “Le posso fare una braciola di carne al posto, ma non altro”. Il pranzo e la cena cominciano quindi già a colazione, anche se poi l’attesa è di qualche ora, trascorsa perlopiù nel cortile dell’hotel, quando la giornata è bella, una volta comprato il giornale dal giornalaio di fronte per i più distinti dei clienti. Sin da mezzogiorno, qualche signora aspetta sul divanetto davanti alla sala da pranzo, quella con le tovaglie verde chiaro, mentre oltre la porta scorrevole trasparente Eddy e Maurizio, come pesci in un acquario, finiscono i preparativi della cerimonia a venire, con passi di danza da una parte all’altra della sala e scambiandosi indicazioni “Hai messo il pane senza glutine sul tavolo della 9?”, “Oh, no me lo sono dimenticato, ora vado”, “E la bottiglia di vino alla 5? È il Pinot bianco”, ma queste frasi non le possiamo sentire oltre il vetro. Tutto è pronto e ora Eddy a mezzogiorno e trentatré, con tre minuti di ritardo, aziona la campanella, tirando la grossa corda come una campana di una chiesa medievale che risuona in tutto l’hotel diventato ora un convento. Tutti quindi lentamente si dirigono verso sala da pranzo, in una processione ben più collettiva dei piccoli gruppetti del dopo cena. Una famiglia è seduta al tavolo che dà sulla finestra. Anche loro hanno richieste speciali “La macedonia di frutta al posto del gelato”e i camerieri trascorrono molto tempo a questo tavolo, finché non esce Irma dalla cucina.  Un vecchietto solo. Una coppia. Una famiglia. La vecchietta in fondo alla sala è sola, è lei che fumando ripete “Il fumo non è un vizio. Diffidare di chi non ha vizi”.

A propos de Anna Proto Pisani

Passionnée par la création et l’écriture, j'ai publié des textes et des articles sur différentes revues et les ouvrages collectifs sur la littérature postcoloniale Les littératures de la Corne de l’Afrique, Karthala, 2016 et Paroles d’écrivains, L’Harmattan, 2014. J'ai créé et fait partie du collectif des traductrices de Princesa, le livre de Fernanda Farìas de Albuquerque et Maurizio Iannelli (Héliotropismes, 2021). Je vis tous les jours sur la frontière entre la langue italienne et la langue française, un espace qui est devenu aussi ma langue d’écriture.

2 commentaires à propos de “#rectoverso #01 | Valle d’Aosta”

    • Merci Xavier, c’est émouvant de savoir que même si j’écris en italien il y quelqu’un du Tiers Livre qui peut lire et suivre ma ligne de crête. Cette année je suis en retard spasmodique, je crains que je ne rattraperai pas tou, mais je vais naviguer aussi dans tes textes. Merci encore! Bon été, bonnes écritures, qu’elles se fassent!